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Tag: recensione

F. Bregoli su «Casamatta»

“Il Dizionario critico di Mario Fresa si contraddistingue per la cura riservata alla compilazione delle singole voci, per la ricchezza bibliografica di riferimento, per l’estrema capacità di sintesi con cui i redattori riescono a condensare i motivi, i temi e le scelte stilistiche dei diversi autori (in sostanza la loro poetica). Ne emerge un quadro notevolmente composito e multiforme in cui si ha davvero come risultato finale uno spaccato obiettivo e plurale delle diverse voci poetiche della contemporaneità, senza la presunzione di voler essere onnicomprensivi o, peggio ancora, ecumenici…”.

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G. Manitta su «Il Convivio»

“A questo punto, ipotizzare cosa sia questa “bestia” certo non è semplice, però alcune ipotesi si possono fare. Si tratta di qualcosa inerente all’Io, perché nella tessitura poetica questo ha una presenza sostanzialmente primaria (e primitiva, cioè condotta alla sua radice), ma è altrettanto possibile che sia legato al senso della fine e della morte, se non identificabile in questi due ultimi elementi. Ciò, a ragion veduta, sembra una possibile chiave di lettura perché la meditatio finis è costantemente presente: non una guida ma una parte consustanziale dell’Io…”

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M. Cucchi su «la Repubblica»

“Nelle sue narrazioni liriche fitte di situazioni concrete, Mario Fresa passa da un’ipotesi realistica a connessioni interne pressoché da visionario, nel tessuto di una musica atonale. Ne nascono impasti arditi e ricchi di suggestioni, come pitture capaci di connettere figure e circostanze appartenenti a frammenti vari, anche di quotidianità, d’improvviso assemblate. Fresa non concede facilitazioni al lettore, semmai provocandolo in una sfida continua…”.

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A. Pacelli su «Il Mattino»

“I suoi versi inquadrano il senso del “danno” radicato in noi ma anche l’estrema necessità di sopravvivere a tutto, a qualunque condizione e a costo di qualsiasi mutazione. Ma soprattutto danno conto di una narrazione che gioca con gli estremi, con la contraddizione in termini, che si nutre di ossimori e di una forma di visione onirica che lascia presupporre percorsi avventurosi…”

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